La battaglia di Agnadello,
chiamata anche battaglia di Ghiaradadda, fu combattuta il 14 maggio 1509
nel territorio di Cremona nel quadro della guerra tra le forze della
Lega di Cambrai (costituitasi l'anno precedente) e la Repubblica di
Venezia, che nella realtà storica dovette soccombere alle forze
francesi di Luigi XII e rinunciare così alle speranze espansionistiche
sul resto d'Italia.
Il 15 aprile 1509 un esercito francese sotto il comando di Luigi XII lasciò Milano e invase il territorio veneto. Per opporsi alla
avanzata, la Serenissima aveva ammassato truppe provenienti da tutto il
dominio (venete, dalmate, albanesi, greche) vicino Bergamo, comandate
dai cugini Orsini, Bartolomeo d'Alviano e Niccolò di Pitigliano. Gli
Orsini avevano ricevuto l'ordine di non cercare il confronto diretto,
quindi spesero le successive settimane in schermaglie, schierando le
loro cavallerie lontano dal centro della battaglia.
Entro il 9 maggio, comunque, Luigi passò il fiume Adda a
Cassano d'Adda. Anche il comandate Gian Giacomo Trivulzio,
che era al servizio del re francese, passò il fiume senza incontrare
resistenza. Alviano e Pitigliano, accampati attorno a Treviglio, non
furono d'accordo sul da farsi, dato che Alviano voleva attaccare senza
rispettare l'ordine ricevuto: decisero alla fine di andare verso sud, in
cerca di una posizione migliore.
La battaglia tra veneziani e francesi si combatté soprattutto nella
cosiddetta Gera d'Adda, territorio compreso tra i fiumi Adda ed Oglio,
zona storica di confine tra la Lombardia e le Venezie.
Mentre le truppe della Serenissima
si dirigevano da Vailate verso Pandino, disposte su una colonna lunga
oltre cinque chilometri, a Cascina Mirabello, nei pressi di Agnadello,
la loro retroguardia entrò in contatto con la testa dell'esercito
francese, comandata dal Seigneur de Chaumont.
De Chaumont tentò di attaccare, prima con gli arcieri e
poi con la cavalleria, ma i francesi, forzati ad attraversare un
torrente asciutto e poi a salire lungo una collina irrigata che presto
si trasformò in un pantano, non riuscirono a fare breccia.
Pitigliano era partito prima di Alviano, ed
era lontano molte miglia quando i francesi iniziarono l'attacco. Alla
richiesta di aiuto di Alviano, Niccolò di Pitigliano rispose che gli ordini del senato veneziano erano di evitare lo
scontro e continuò la marcia verso sud.
Luigi XII, informato dei movimenti del nemico, accorse da
Rivolta d'Adda, dove aveva il suo quartier generale, per guidare
personalmente le sue truppe nella battaglia. I francesi attaccano Alviano frontalmente nel
tentativo di annientare le forze veneziane nelle successive tre ore. La
cavalleria veneta è lontana dal centro della battaglia e Alviano rischia di essere ferito e catturato (come è
accaduto nella realtà storica), ma i nostri giocatori veneti, dopo lunga
consultazione, risultano più previdenti e non impegnano il loro
condottiero. Più di 4.000 uomini furono
uccisi.
Sebbene il conte di Pitigliano
avesse evitato un contatto diretto con i francesi, le buone notizie
giunsero alla sera: Venezia contro ogni previsione aveva tenuto il
campo, i francesi avevano fallito il loro attacco frontale.
Una battaglia equilibrata, con
alterne vicende che dopo duri combattimenti, la sera ha messo fine alla
battaglia dando la vittoria alla Serenissima Venezia. Con le forze rimanenti i
francesi
si ritirano lontano da Venezia, ancora padroni del loro
onore.
Momento
clou della battaglia. I nobili francesi caricano sulla collina le
fanterie veneziane Un'altra unità di gendarmi francesi affiancherà
questo primo urto, riuscendo a scardinare la difesa italica, ma la
riserva di cavalleria veneziana interverrà al momento giusto, mettendo
in rotta le cavallerie nobili francesi ormai sfiancate dal combattimento
avuto contro le fanterie. |