Il Consiglio di Guerra borbonico aveva
lasciato perplessi alcuni dei partecipanti, a partire dal Principe d’Orleans che
non ne condivideva le decisioni assunte.
Nessuno avrebbe però mai immaginato ciò
che le truppe borboniche videro la mattina del 7 settembre: gli imperiali erano
schierati a battaglia contro il lato nord dello schieramento francese!
L’orizzonte era una linea ininterrotta di baionette che avanzavano a passo
cadenzato verso le trincee francesi.
La sveglia suonò insieme all’allarme e
migliaia di fanti francesi, irlandesi, spagnoli, italiani, bavaresi, tedeschi si
lanciarono fuori dalle fredde tende per raggiungere il luogo di schieramento dei
propri battaglioni.
Il Principe d’Orleans approntò subito una
prima salda linea di battaglioni di fanteria lungo la sottile linea delle
trincee (con le divisioni D’Estaing e Saint Fremont), facendo affluire altre
brigate in seconda linea (le divisioni franco-bavaresi del Gevaudon e del
Grimaldi) e disponendo le divisioni di cavalleria in profondità sino al campo
francese e alla chiesa della Madonna di Campagna per far fronte ad ogni
evenienza (divisioni de Crequi, Caraman e Villeroy).
L’indispensabile caposaldo rappresentato
dal Castello di Lucento, a protezione del ponte sulla Dora Riparia che
costituiva l’unica via di collegamento con il settore comandato dal de La
Feuillade, venne affidato al generale Berwick e alla sua brigata
irlandese, rafforzata da 5 reggimenti di dragoni appiedati inviati dal de La
Feuillade (a loro volta in attesa di altri 5 reggimenti di dragoni in arrivo
attraverso il ponte al comando di St. Micaud.
Al de La Feuillade, in accordo con
quanto stabilito nel piano di battaglia, venne rinnovato l’ordine di investire
energicamente Torino, con tutto il parco di artiglieria disponibile comandato da
d’Houville, la divisione della Guardia del Marsin e la brigata spagnola di
Valdes-Fuentes, per ottenerne la capitolazione prima che la marea imperiale
potesse travolgere le difese avanzate. In questa azione la divisione di Marsin
doveva essere sostenuta attivamente dalla divisione dell’Albergotti, nel
frattempo arrivata dal settore oltre il Po.
Sull’altro lato Eugenio e Vittorio
Amedeo optarono per una forte concentrazione di truppe sulla loro ala sinistra
con in prima linea la divisione prussiana, rafforzata da una brigata di
granatieri austriaci, di Leopoldo d’Anhalt. Tale divisione era supportata alle
spalle dalla Divisione di cavalleria Marchese di Langallerie. Al centro dello
schieramento erano disposte le divisioni del Principe Wurttenberg e, di fronte
al settore del Castello di Lucento, la divisione del Principe di Sassonia Gotha.
In riserva erano disposte, su più linee, le tre possenti divisioni di cavalleria
del Principe d'Assia D'Armstadt e la Divisione del Marchese Visconti.
A Torino il conte Daun, chiamato "il
carapace" per la sua abilità nel disporsi a difesa, ed il conte Solaro della
Margherita dovevano tentare di resistere con la guarnigione piemontese agli
assalti contro la cittadella di Torino e le fortificazioni del Borgo del
Pallone.
La giornata si apre con un nutritissimo
scambio di colpi di artiglieria tra la guarnigione di Torino e gli assedianti
francesi, preludio ad un assalto in massa da parte della Guardia
franco-spagnola. La devastazione è grande su entrambi i fronti, ma la scarsità
di polvere da sparo costringe i piemontesi ad affievolire gradualmente
l’intensità del fuoco e a rendere così meno efficace il fuoco di controbatteria.
Sul lato opposto del campo di battaglia
Eugenio apre le ostilità con il fuoco di una batteria di cannoni medi
posizionata di fronte la linea francese in posizione sopraelevata rispetto le
avanzanti linee imperiali. Lo scontro si fa presto violentissimo intorno alla
cascina Arbandi e alla linea delle trincee gallo-ispane, gli imperiali vengono
respinti più volte con gravi perdite tra le divisioni di prima linea austriache,
hessiane e palatinali.
I prussiani d'altrocanto non sembrano
avere sorte migliore. Sull’ala destra una forte divisione imperiale su più
brigate investe il castello di Lucento, rafforzato nel frattempo dall’arrivo di
nuove truppe francesi, intorno al quale si svolge un sanguinosissimo scontro.
Per il momento la linea francese sembra tenere nonostante la forte pressione
imperiale, che non riesce a sfruttare a pieno la propria superiorità numerica in
un fronte molto ristretto.
Improvvisamente un forte boato annuncia
una svolta nella lunga, faticosa e mortale lotta ingaggiata tra i minatori dei
diversi eserciti intorno a Torino: una mina francese esplode sotto il bastione
centrale della Cittadella facendolo collassare! Un hurrà parte dalle linee
francesi e segna l’avvio dell’attacco all’arma bianca da parte della Guardia, in
sostegno della quale sono stati inviati i dragoni del St. Micaud. Una contromina
piemontese, poco dopo, fa saltare una seconda mina scavata dai francesi.
Sulla linea principale lo scontro è
violentissimo. Granatieri e prussiani riescono a sloggiare i francesi da un
tratto di trincea e le fortificazioni della cascina Arbandi sono aspramente
contese, con i francesi che iniziano a sentire la pressione crescente. Le forti
perdite da entrambi i lati fanno crollare il morale alla divisione imperiale al
centro e a quella francese del D’Estaing, ma i varchi apertisi non riescono ad
essere sfruttati dalle cavallerie, quella borbonica troppo indietro, quella
imperiale ostacolata nel movimento dal rifluire dei battaglioni in rotta. E’ in
questo momento di stallo che una seconda mina francese determina il collasso del
settore centrale delle mura a protezione del Borgo del Pallone, la cui decimata
guarnigione rifluisce in disordine dentro Torino.
Sotto la Cittadella la guardia francese
impegna gli esausti battaglioni piemontesi la cui artiglieria è oramai
virtualmente ridotta la silenzio: dopo un’ora di scontro all’arma bianca Torino
è francese! Le linee imperiali, la cui costante pressione poteva finalmente
riuscire ad avere ragione della resistenza borbonica e permettere così alle
divisioni di cavalleria di dilagare oltre le linee gallo-ispane, capiscono che
ogni ulteriore sforzo sarebbe vano… Dopo 5 ore di furiosa battaglia Eugenio
ordina la ritirata. Torino, e con essa il Ducato Sabaudo, la dinastia dei Savoia
e l’intera Italia settentrionale, sono nelle mani di Luigi XIV° di Francia! Da
oggi la Guerra di Successione per il trono di Spagna sarà una questione che
potrà risolversi esclusivamente sul fronte renano.
Per l’Italia si apre un lungo periodo di
predominio francese che durerà oltre due secoli e terminerà solo con la Prima
Guerra Mondiale, vinta dall’Italia (unita in confederazione sotto la guida dei
Borbone di Napoli) al fianco delle Potenze Centrali.
Vittorio Amedeo II° fuggirà su una nave da
Genova per un lungo esilio in Inghilterra. La sua dinastia si estinguerà con la
sua morte e dei Savoia rimarrà solo il ricordo (con l’eccezione del ramo
Savoia-Soissons che Eugenio perpetuerà all’interno dell’Impero asburgico e che
fornirà una lunga serie di generali alle armi austriache).
La Storia è uno strano affare: un dado
fortunato in più e forse oggi la capitale del Regno (o, chissà, della
Repubblica) d’Italia sarebbe Torino e non Roma…!!! |